mercoledì 6 agosto 2014

9 agosto 2014: 50° di sacerdozio di don Adelino Martella

Spesso nei periodi di crisi esistenziale  che sovente caratterizzano il nostro vivere quotidiano,  nel momento in cui sembra che anche la percezione di ciò che si è sfugga  al soggetto che si interroga, capita di guardare al nostro vissuto trascorso per cercare le proprie radici del nostro “essere”  ed  “esserci”.
Affidarsi alla memoria aiuta la ricerca storica e psicologica. Le tappe della nostra vita con i loro significati transeunti e  duraturi emergono pian piano dal limbo dell’oscurità che li avvolge.

Molte sono le  situazioni del presente che  hanno trovato una  spiegazione nella lettura di un passato personale, rivisitato  con la serenità di chi vuole capire se stesso, in un approccio metacognitivo spesso salutare.

Non è di natura problematica, per fortuna, la ragione che mi spinge a riaprire l’album dei miei ricordi, ma una ricorrenza : i 50 anni di sacerdozio di un fraterno amico,  don Adelino Martella, che ha lasciato un’impronta indelebile nella mia storia personale.

Il suo tempo spesso è coinciso con il mio tempo, in un incontro continuo  provocato  da un vissuto, comune, condiviso e dialogante. E non poteva essere altrimenti……

Quanti ricordi affiorano dall’albo “della memoria che si sfolla”, ma che nel mio caso hanno superato la barriera del Tempo  restando indelebili e presenti  a me stesso, in ciò che io sono oggi.

Fine anni ‘60! Per don Adelino  questi sono gli anni che coincidono con  l’incipit della sua attività sacerdotale;  per me, invece sono stati gli anni che hanno determinato  il mio ingresso nel seminario ginnasiale della diocesi di Otranto, che aveva la sede nel la struttura diocesana adiacente la valle dell’Hydro  a Otranto. Sono gli anni in cui il Concilio Vaticano II sollecitava la Chiesa ad una maggiore apertura verso le tematiche cosiddette “laiche” e a dare coerenti risposte con la Pacem in terris agli uomini di buona volontà senza chiudersi o nascondersi dietro paradigmi dogmatici.

Don Adelino in seminario  svolgeva la funzione di “Padre spirituale” a favore di ragazzi che, pur nell’incertezza del proprio futuro,  comunque si erano predisposti in virtù di una “chiamata” a chiarire i significati nascosti dell’essere vocato.

Il “ Padre Spirituale…”: una figura a me sconosciuta!

Mio padre, quello naturale, mi aveva lasciato due anni prima. Un trauma le cui tracce di tanto in tanto ancora affiorano. Cercavo in tutti i modi di sostituirlo. Capivo, tuttavia, che era impossibile!

Don Adelino si faceva notare per il suo dinamismo, per le sue doti di organizzatore, per il suo forte ascendente sui giovani, la sua vitalità, intraprendenza e lungimiranza, cultura, dimensioni valoriali di “un padre” che tutti  avrebbero voluto avere e con il quale condividere il difficile e problematico  cammino dell’adolescenza.

Se per gli altri la scelta di un padre spirituale poteva sembrare una delle tante “regole” dettate dal vivere in una comunità cristiana seminariale, per me è stata, invece, quasi una scelta indotta dal bisogno di compensare un “vuoto” che il destino aveva contribuito a creare nella mia vita.

Qualcosa mi sollecitava ad aver fiducia in lui.

Iniziava  così un percorso di scoperta condivisa del  “sé”,  finalizzato a segnare la mia vita nel tentativo fatto di successi e fallimenti di definire un profilo orizzontale e ascetico/trascendentale, da cui partire per orientarmi verso un opzione possibile, quella sacerdotale.

Don Adelino in tale contesto  è stato per me una guida e una figura esemplare. Egli è stato in ultima analisi ciò che io volevo essere e avrei voluto essere e che, per un insondabile mistero che avvolge la vita di ognuno di noi, non sono poi diventato. I modelli positivi spesso funzionano avviando nella persona in formazione un itinerario di crescita coerente.

Quanti  stimoli culturali, quante letture e relative  meditazioni lo hanno visto protagonista…

Una sola la sua chiave di lettura : rileggere in chiave cristiana il presente, adeguando il  messaggio evangelico alla storia personale di ognuno di noi,  in un suo “apprendistato sacerdotale” dentro cui emergevano i tratti di una personalità forte, umile e, a tratti, “ribelle”.

Molti i ricordi che si affastellano nella mia mente, aiutata in questo recupero dalle numerose, e ormai sbiadite dal tempo,  foto che hanno fissato per sempre alcuni momenti della nostra vita.

Alcune località : Varallo Sesia (VC), Ballino (TN), San Vito di Cadore (BL). Impossibile non ricordare il suo spirito di avventura durante le numerose escursioni  sulle montagne che circondano le succitate località.

La conquista (non è un eufemismo…è successo davvero!) del Monte Rosa è emblematica per poter rappresentare alcuni tratti del suo carattere e della sua indole : don Adelino attrezzato con scarponi, calzettoni di lana, pantaloni alla “zuava”, un maglione dai colori vivaci, zaino e piccozza…(un vero montanaro); noi al seguito con scarpe da ginnastica, tuta, qualcuno in geans  e un bastone arrabattato lungo i sentieri che la nostra impavida e improvvisata guida montanara apriva sotto il nostro progressivo, sudato, sincrono,  incedere e arrampicarsi su per la vetta.

Poi  l’arrivo in vetta…l’incontro con gli alpini del C.A.I.  in raduno presso un rifugio…I complimenti per l’impresa realizzata…la targa ricordo…la celebrazione dell’Eucarestia...l’incontro inebriante con l’infinito e i suoi  “spazi sovrumani e la profondissima quiete”...cogliere la prima stella alpina (che conservo tuttora)…toccare il Cielo e confondersi con esso…

 Coraggio, protagonismo, determinazione, decisionismo, condivisione, consapevolezza del traguardo e dei rischi ad esso correlati, divulgatore di valori e principi cristiani…..queste sono le qualità, assolutamente eccezionali,  vissute da don Adelino  in prima persona e progressivamente diventate indicatori e parametri valoriali per la nostra formazione di adolescenti in erba.

La pagina dell’album delle foto e dei  ricordi schiude i volti  di  due donne : Fiorella e mia madre, due storie diverse e contigue alle quali mi riesce difficile non accostare  la figura di Don Adelino e che mi piace ricordare in questa testimonianza per  i valori sottesi rilevabili da una attenta lettura della narrazione che viene fatta.

L’incontro scoperta con Fiorella, il mare cristallino di Andrano, le “caramelle” di quel mare limpido  pescate da don Adelino, un provetto uomo di mare,  e gustate sul posto, l’ amorevole accoglienza della mamma di don Adelino, figura chiave nella sua vita, il pranzo preparato con i prodotti  e  i frutti della terra salentina, la visita alla Chiesa di Diso, un autentico scrigno pieno di tesori artistici che hanno suscitato l’interesse di Fiorella, esperta antiquaria di Lugano (Svizzera), l’orgoglio di don Adelino, parroco di Diso, nel raccontare con autentico atteggiamento da erudito la storia culturale e artistica di quel sacro luogo espressione  della spiritualità di quel popolo.

Mia madre : l’avanzare dei ricordi viene rallentato da qualche lacrima….

Caro Adelino! Mia madre mi ha insegnato con il suo usuale atteggiamento materno speso verso tutti coloro che si relazionavano con lei  che la maternità fisiologica poteva  essere trasferita e vissuta in una dimensione spirituale. Le tue visite nella sua casa, non preannunciate “ mai”, per mia madre erano una autentica festa; lei provava la stessa  gioia che si prova quando un figlio più grande, che vive lontano, ritorna nella sua casa.

Ho parlato di mia madre perché lei,  in questa ricorrenza del tuo 50° di sacerdozio, avrebbe “testimoniato”, la  tua umanità, la tua bontà e, soprattutto, l’essere stato vicino a suo figlio…

Un augurio : continua a spargere intorno a te i valori dell’amore, dell’amicizia, dell’umiltà, della semplicità e pulizia degli affetti.

                                                                                                                             Prof. Dolce Giuseppe

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