L’abbazia
di San Nicola di Casole, situata a pochi chilometri a sud di Otranto, fu
fondata nel 1098 per volere di Boemondo I, principe di Antiochia e di Taranto e
figlio di Roberto il Guiscardo. Il nobile normanno donò l’appezzamento sul
quale fu costruito il cenobio ad una comunità di monaci Basiliani e concesse loro
dei fondi cospicui. Tale scelta, tuttavia, non fu uno slancio di generosità. Il
popolo normanno, infatti, giunto in Terra d’Otranto nell’XI secolo, mirava ad accaparrarsi
la benevolenza dei Salentini e dei Greci presenti in questa zona.
Fu
così che nacque il monastero di Casole che ben presto divenne “il vero ponte di
unione e di transito tra la cultura orientale e quella latina” (Antonio
Antonaci).
Dai
mattoni di queste mura trasudava la cultura nella sua forma più pura. Trasudava
la saggezza dei monaci italo-greci che, detentori del patrimonio culturale e
linguistico classico, composero poesie in lingua greca, ignari che tali lavori,
in futuro, darebbero stati considerati i primi esempi di “letteratura volgare”
in Italia, quella stessa che con dante Alighieri raggiunse il suo massimo
splendore divenendo la “letteratura italiana” per eccellenza.
Nell’abbazia
idruntina si raccolsero quattro rimatori, due laici e due religiosi, e
fondarono un “circolo poetico”. Oltre all’abate Niccolò Nettario, grande
conoscitore delle lingue classiche e guida dell’intero gruppo, vi erano Nicola
d’Otranto, Giovanni Grasso e Giorgio di Gallipoli, tutti sostenitori dell’Umanesimo
italo-bizantino nel Salento. Nei loro componimenti, perfetta fusione tra sacro
e profano, si palesavano l’Uomo e la sua storia. Inoltre, dichiarandosi fautori
dell’Impero nelle controversie contro la potenza del papato, rivolsero il loro
sguardo anche verso la politica.
E’
necessario altresì ricordare che a Casole fu eretta un’imponente biblioteca,
considerata una delle più ricche e consistenti dell’Occidente. Aperta a
chiunque volesse visitarla, fu rasa al suolo nel XV secolo. Solo alcuni tra i
suoi innumerevoli volumi si salvarono grazie al cardinale Bessarione,
metropolita di Nicea e patriarca di Costantinopoli. Egli, infatti, amando
profondamente la letteratura latina e greca, durante i suoi numerosi viaggi che
lo portavano nei monasteri greco-bizantini, era solito impossessarsi di
manoscritti greco romani. Alla sua morte, tali rarità furono divise fra le
diverse biblioteche presenti in Europa. Col passare del tempo, il monastero di
Otranto accrebbe sempre più la sua importanza a livello nazionale e
internazionale. La sua fama toccò l’apice quando divenne, nel XIII secolo, una scuola a
tutti gli effetti: la prima scuola “pubblica” di Terra d’Otranto con annessa la
prima “Casa dello studente” europea. Tale istituzione attirava giovani da tutte le parti e offriva
lezioni su numerose discipline: astronomia, musica, retorica, grammatica,
teologia, filosofia, scienze naturali, ecc…
Questo
affascinante luogo di studi e di cultura incrementò il suo prestigio anche
grazie allo “Scriptorium” esistente, dal quale uscirono, tra il XIII e il XIV
secolo, i codici degli scritti di Giovanni Damasceno, di Gregorio di Nazianzo e
di Cirillo da Alessandria.
I
monaci copiavano magistralmente i testi classici, e tali lavori giunsero nei
maggiori istituti teologici dell’Oriente, in città come Costantinopoli,
Alessandria ed Atene. I codici casolani oggi vengono custoditi nelle più note e
fornite biblioteche del periodo medievale esistenti nel mondo : Vaticana
(Roma), Marciana (Venezia), Medicea (Firenze), Nazionale (Madrid), Sorbona
(Parigi), ecc.
La
storia del cenobio di San Nicola di Casole giunse al suo epilogo quando nel
1480 i Turchi sbarcarono sulle coste salentine, occuparono Otranto e razziarono
tutto il territorio circostante. Anche il monastero basiliano dovette piegarsi
volontà degli ottomani e del destino. Una “perla” così preziosa fu rigettata
nelle profondità marine e scomparve lentamente nell’oblio. Di questo crogiolo d’intelletti
oggi è rimasto solo un mucchio di macerie, un cumulo di pietre arcaiche e
ricche di sapienza che guardano impotenti un passato che sfuma. Tutt’intorno si
erge una masseria dove un gruppo di contadini coltiva la terra e produce
latticini, calpestando un suolo che è stato derubato della sua dignità. E
nessuno fa qualcosa, tutto tace, e la storia deve arrendersi davanti ad un
finale che è tutt’altro che “lieto”.
Se
qualcuno di voi dovesse visitare tali “rovine”, cerchi di guardare al di là
delle apparenze. Apra i suoi orizzonti e voli lontano, indietro nel tempo,
quando tutto era diverso. Ciò che era non è più, ciò che è rimasto è solo la
consapevolezza che il fato ci ha privato di un tesoro inestimabile.
Solo
“oggi” Domenica 22 marzo 2015 grazie al F.A.I. dalle ore 10.30 alle ore 16.30
sarà possibile visitare il luogo. Gli alunni dell’Istituto Alberghiero dell’indirizzo
Turistico di Otranto faranno da guida lungo un percorso tematico tracciato dai
rappresentanti FAI del Salento.